sabato 4 luglio 2015

Ma voi lo sapevate che Greci e Romani erano davvero Kitsch? Fondazione Prada #3

Oggi ci tocca parlare di Serial Classic, la mostra che riguarda l'arte classica greca e romana.

Non vi scoraggiate, so che l'argomento potrebbe sembrare poco interessante, ma vi giuro che mi impegnerò al massimo per tentare di essere simpatica.
In realtà il mio intento è di invogliare qualcuno ad andarci, perché questa mostra NON è permanente e presenta alcune opere che probabilmente molti di noi non avranno più l'occasione di vedere nella vita.  

Per farla un po' meno monotona procederò, come al mio solito, per punti.

Perché mi è piaciuta, in tre paroline brevi brevi.
Perché è corta, si tratta due sole due sale disposte su due piani e le opere sono state selezionate intelligentemente per interessare, ma senza appesantire. Non c'è superfluo, ma una linea essenziale che lega il tutto.



Cosa racconta questa mostra, in qualche frase.
Racconta dei vuoti e dei modi di riempirli. 
Ci spiega l'arte greca, di cui è rimasta solo 2‰ della produzione totale, ma che noi possiamo conoscere grazie alle numerose copie romane che ci sono arrivate.
Ne sottolineare la mancanza, per ogni copia romana infatti, accanto è stato posto un piedistallo vuoto con le fonti che riguardano l'originale greco andato perso.







Racconta del lavoro dell'archeologo e degli sbagli che si possono fare. In mostra un torso di Discobolo che è stato restaurato erroneamente come guerriero caduto.

Racconta di frammenti, esposti proprio all'ingresso parti di mani, piedi, nasi, che sono i frammenti del nostro passato e le radici della nostra storia.

Cosa c'è di greco
Ecco, appunto, praticamente nulla, solo i piedistalli vuoti sopracitati. In realtà ci sono anche dei busti in terracotta provenienti da Medma, una città greca della Calabria.

E perché
I Greci procedevano per gerarchie. Il bronzo era il materiale più nobile, il marmo meno. Agli eroi, agli dei, ai Sovrani era riservato il bronzo, mentre le ancelle probabilmente erano fatte di marmo. 
Se poi lo andassimo a dire a Michelangelo e a Bernini che il marmo per i Greci non era un gran ché ci rimarrebbero assai male, quasi come ci sono rimasta io che, reduce da anni di storia dell'arte fatta male, non sapevo assolutamente questa cosa.
Nel medioevo, tutto il bronzo delle statue sembrava quasi sprecato, immobile e immutato a raccontare chissà cosa, e quindi veniva fuso per altri scopi più utili. 
Il marmo ha avuto lo stesso destino e veniva riutilizzato per parti delle chiese, e ti pareva.
Quindi poco è rimasto, e quel poco è stato trovato soltanto negli ultimi 120 anni.

E cosa c'è di romano
Ecco tutto il resto praticamente. Ci sono originali romani e sopratutto frammenti di originali affiancati da calchi in gesso che ci mostrano come doveva essere l'originale completo.

Da dove vengono tutte le statue
Questa è la parte più bella, queste sono tra le statue più significative di tutte l'arte greca e romana. Sono state chieste in prestito da tutta Europa. Vengono dalla Germania, dal British Museum, dall'Hermitage di San Pietrburgo, e da diverse parti d'Italia.

Una cosa da sapere prima di andare, in una frase, il più breve possibile.
I Romani copiavano, ma copiavano tutto in serie, così per ogni statua greca ce n'erano venti romane. Non c'è opera romana qui esposta che non abbia un originale greco.
Che poi copiassero, si era già capito dal fatto che sono riusciti pure a copiargli di Dei, cambiandogli nome però, così sembrava li avessero pure inventati loro.

E quindi in questa mostra hanno cercato, di ricongiungere le copie di statue conosciute recuperandole da i diversi musei in cui sono finite. Sarà probabilmente l'unica volta in cui potremo vedere le copie ancora insieme, come nelle ville romane del passato, in cui una statua non bastava ma ce ne volevano tante uguali perché l'arredamento fosse consono.

Ma perché hai detto che romani e i greci erano Kitsch?
PERCHé COLORAVANO LE STATUE! 
Cioè avete presente l'immagine che tutti abbiamo di Roma e della Grecia, luminose, con il sole, le città bianche e arieggiate, insomma secoli di polvere chiara e luce, in contrapposizione con il medioevo, secolo dell'ombra.
E poi c'è sempre un'immagine ricorrente, quella delle statue, bianche di marmo, levigate che adornano con eleganza qualsiasi parte della città. 
E invece si scopre (a dir la verità già qualcuno me lo aveva detto ma avevo completamente rimosso questa cosa) che erano più o meno così:






Cioè dai erano un po' tamarri sti greci e sti romani. I Greci che le loro statue di bronzo le coloravano, mettevano pietre al posto delle pupille rame per sottolineare le labbra. E i romani che coloravano il corpo e i capelli e la bocca e mettevano fiori in mano alle statue. 
E nella mostra ci sono delle ricostruzioni di come dovevano sembrare le statue quando erano adornate alla moda greca e romana e il più bello è il Bronzo di Riace "A", tutto sbarluccicante e con lancia e scudo.
E' stato molto buffo vedere le statue com'erano davvero.

La cosa che mi è piaciuta di più.
Penelope dolente, una statua, o meglio il busto frammentario di una statua, che è stata ceduta per un breve periodo dal museo di Theran. La statua è stata ritrovata negli scavi di Persepolis, dove c'erano i detriti del palazzo del re di Persia distrutto da Alessandro Magno.
Esposti ci sono anche frammenti di copie romane della statua, il ché lascia immaginare che i romani avessero riprodotto la statua a partire da una copia (ovviamente preduta) greca dell'originale persiana. Insomma, un filo rosso, che lega Romana, alla Grecia, alla Persia, che spiega quanto già allora le culture potessero influenzarsi a vicenda.
E la Penelope dolente è stupenda e il marmo sembra luccicare sotto gli occhi e le luci al neon.



Perché andare a vedere la mostra.
Con poche statue e poche righe di libretto introduttivo ho avuto una visione più completa dell'arte greca e romana e delle reciproche influenze che in 8 anni di scuola. Dei greci mi ricordavo soltanto qualche vaso dipinto e gli ordini delle colonne, che diciamocelo non è che fosse così divertente sapere a che cavolo di ordine appartenesse un capitello.

E ci sono cose che vengono da musei così lontani che, o Prada sgancia ancora milioni di euro per averli, o penso che nessun museo pubblico possa permettersi economicamente di chiedere a Theran e a San Pietroburgo le loro statue.

E in questo periodo, senza voler essere melodrammatici sia chiaro, con le vicissitudini della Grecia e tutto quanto, penso non faccia male ricordarsi di tanto in tanto qual è stata la culla della nostra società. 


Bene, spero che la serie sulla fondazione Prada vi sia stata utile, un bacio e a presto








2 commenti:

  1. Bel post, mi hai fatto venire voglia di andare a vedere la mostra

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    1. Grazie :) sono davvero contenta ti sia piaciuto il post. Comunque davvero, se hai tempo vai a vedere la mostra perché merita proprio.
      Un bacio!

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